LA DIAGNOSI ADHD NEGLI ADULTI

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è, ancora ad oggi, visto erroneamente come una condizione inerente solo all’infanzia. Questa falsa credenza ha fatto si che moltissime persone adulte restassero senza diagnosi e spiegazioni relative al loro funzionamento. Negli ultimi decenni i percorsi diagnostici si sono estesi e affinati per poter coprire anche la popolazione adulta, fornendo finalmente una diagnosi adeguata. Ricevere una diagnosi in età adulta può essere un momento di svolta: permette di dare un senso a tante fatiche vissute, di accedere a strumenti adeguati e, soprattutto, di smettere di colpevolizzarsi per difficoltà che hanno radici neurologiche. Ma come si arriva a una diagnosi di ADHD negli adulti? E in cosa consiste il percorso diagnostico?

COSA VUOL DIRE ESSERE ADULTI ADHD?

L’ADHD negli adulti, nella gran maggioranza dei casi, non si presenta sempre con l’iperattività visibile e fisica tipica dei bambini che spesso rappresenta il campanello d’allarme che porta alla diagnosi. In età adulta l’ADHD si manifesta il più delle volte con:

  • Difficoltà nella regolazione dell’attenzione (iperfocalizzazione o distrazione continua)
  • Disorganizzazione cronica
  • Procrastinazione e difficoltà a portare a termine compiti
  • Impulsività (nelle decisioni, nelle relazioni, nella gestione delle emozioni)
  • Sensazione costante di “non riuscire a stare al passo”
  • Fatica nel rispettare routine o gestire il tempo
  • Iperattività cognitiva

Queste caratteristiche sono state etichettate per anni come “pigrizia”, “disinteresse” o “incapacità di crescere”, alimentando così senso di inadeguatezza e sofferenza e la ricerca di strategie di coping spesso altamente disfunzionali.

QUANDO FARE LA VALUTAZIONE PER ADHD IN ETA’ ADULTA?

Molti adulti arrivano a chiedere una diagnosi dopo aver riconosciuto alcuni segnali in se stessi (spesso attraverso la terapia, i social o il confronto con altre persone neurodivergenti), altri invece ci arrivano a seguito della diagnosi di un figlio o figlia o di un familiare. Ovviamente accedere ad un percorso diagnostico non è obbligatorio, ma può essere utile  considerare una valutazione quando si presentano alcune condizioni:

  • presenza delle difficoltà sin dall’infanzia, anche se non sono state riconosciute a tempo debito
  • i sintomi interferiscono con il lavoro, le relazioni o il benessere personale
  • i sintomi non sono spiegabili da altri disturbi psicologici o condizioni mediche

A CHI RIVOLGERSI PER LA DIAGNOSI ADHD NEGLI ADULTI?

La diagnosi di ADHD in età adulta può essere effettuata da uno psichiatra o da uno psicologo specializzato in neuropsicologia clinica o con formazione specifica sul tema. In alcuni casi, il percorso è multidisciplinare e coinvolge quindi più professionisti che cooperano nella creazione del quadro diagnostico completo.

È fondamentale che chi si occupa della valutazione sia competente sul neurosviluppo in età adulta in quanto spesso l’ADHD può essere facilmente confuso con ansia, depressione, disturbo borderline di personalità, bipolarismo o burnout.

COME FUNZIONA IL PERCORSO PER LA DIAGNOSI DI ADHD?

La valutazione diagnostica prevede tendenzialmente diverse fasi, che possono articolarsi in modalità differente in base al contesto e ai professionisti di riferimento:

  1. Colloquio clinico approfondito: si raccolgono informazioni sulla storia personale, scolastica, lavorativa, relazionale e familiare per creare un quadro anamnestico completo. Si indaga inoltre quando sono comparse le difficoltà, come si sono evolute e qual è il loro impatto attuale sulla vita della persona.
  2. Somministrazione di test e questionari: vengono usati strumenti standardizzati per valutare l’attenzione, la memoria, la pianificazione, la flessibilità cognitiva e la regolazione emotiva. A volte vengono presentati prima dei test di screening a cui, in caso di esito positivo, seguono uno o più test più specifici e completi. Per alcuni questionari può essere richiesto che vengano compilati anche da persone vicine (genitori, partner), per avere una prospettiva più completa e oggettiva.
  3. Esclusione di altre condizioni: la diagnosi di ADHD richiede che i sintomi non siano meglio spiegati da altri disturbi psicologici o medici. Per questo spesso si integra la valutazione con altri strumenti diagnostici che escludano altre diagnosi o ne chiariscano la condizione. Talvolta infatti disturbi d’ansia o dell’umore si presentano come secondari rispetto alla condizione sottostante senza escluderla.
  4. Restituzione: al termine del percorso, viene condiviso l’esito della valutazione, con spiegazione dei risultati e indicazioni su eventuali trattamenti, strategie compensative o percorsi terapeutici.

COSA SUCCEDE DOPO LA DIAGNOSI DI ADHD?

Ricevere una diagnosi in età adulta può portare con sé emozioni contrastanti: sollievo, rabbia, tristezza, speranza. È importante prendersi del tempo per elaborare questa nuova consapevolezza e, se possibile, intraprendere un percorso psicoterapeutico di supporto.

Il trattamento adeguato cambia in base all’individuo, l’età, i bisogni, gli obbiettivi e la severità della situazione e può includere:

  • Psicoterapia individuale spesso di tipo cognitivo-comportamentale o ACT
  • Psicoeducazione e strategie pratiche per organizzazione, gestione del tempo e delle emozioni
  • Farmaci prescritti solo da uno psichiatra, nei casi in cui siano indicati
  • Interventi psicoeducativi di gruppo o di training per costruire capacità pratiche nella gestione della vita quotidiana

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